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Piemonte
Spumante Metodo Classico
Alta Langa
Il Pinot Nero francese base degli Spumanti in Metodo Classico, era già impiantato attorno al 1850 dal Marchese Leopoldo Incisa che aveva impiantato diversi vitigni francesi nella sua collezione ampelografica localizzata nei vigneti di Rocchetta Tanaro, in quella che allora era la provincia di Alessandria (che includeva anche Asti). Questi non erano ben visti dai viticoltori locali. L’avversione dei contadini verso i vitigni, fece che non si trovasse nessun agricoltore disposto a coltivarli.
Carlo Gancia, però, aveva favorito la diffusione dei Pinot e Chardonnay tra i viticoltori del circondario di Canelli per averne una certa quantità da impiegare nella produzione dei suoi spumanti.
Con il Progetto Spumante Metodo Classico in Piemonte, del quale la denominazione “Alta Langa” è nata, l’industria spumantistica piemontese.
Si è dimostrato che le colline piemontesi dove la vite aveva nel tempo sedimentato una presenza significativa e duratura, disponevano anche della vocazione per le varietà specializzate alla produzione di spumanti Metodo Classico. La stessa strategia della vendemmia, basata essenzialmente sulla manualità dell’operazione e sulla raccolta esclusiva delle uve in piccole cassette forate utilizzate anche per il convogliamento alla vinificazione, comporta un impegno specifico, a volte anche rilevante che ripaga con un prodotto che rappresenta gli spumanti piemontesi eccellenti nel mondo.
La denominazione di origine controllata e garantita “Alta Langa”, è riservata ai vini spumanti, ottenuti dalle uve provenienti da vigneti aventi nell’ambito aziendale la seguente composizione ampelografica: vitigni Pinot nero e/o Chardonnay dal 90 al 100%.
Per il complessivo rimanente 10% possono concorrere alla produzione di detti vini, le uve provenienti dai vitigni non aromatici idonei alla coltivazione nella regione Piemonte.
La zona di produzione delle uve destinate all’ottenimento dei vini spumanti “Alta Langa” è costituita dalle particelle fondiarie di collina e di spiccata vocazione viticola situate, nelle province di Cuneo, Asti e Alessandria.
Le Uve devono essere esclusivamente collinari. Sono da escludere categoricamente i terreni di fondovalle, umidi e pianeggianti;
Altitudine: non inferiore a metri 250 s.l.m.
Forme di allevamento e sistemi di potatura: quelli tradizionali, controspalliera bassa con potatura a Guyot tradizionale o cordone speronato;
Alta Langa” spumante anche riserva
Spuma: fine e persistente
Colore: da giallo paglierino tenue ad oro intenso
Odore: fragrante, complesso, caratteristico della rifermentazione in bottiglia
Sapore: sapido, fine ed armonico
Abbinamenti: Antipasti sia di terra che di mare, Primi piatti Salsati, Pesce al Forno, Zuppe, Carni Bianche e Formaggi di Media Stagionatura
La Regione Campania e le sue Vigne
Regione importante della Vinificazione Italiana, terra di grandi Vini sia bianchi che rossi.
Partiamo dal Fiano di Avellino, uva a bacca bianca Prodotta nella Provincia di Avellino.
Questa antica varietà di uva deve le sue origini ai Greci, che importano nel territorio Campano
la varietà “Vitis Apicia”. Da ricerche storiche sembra che le prime viti furono piantate in località Lapiio.
Il nome Apicia deriverebbe dalla dolcezza del frutto che attira le api nelle vigne. Poi successivamente è stato cambiato in Afia fino ad arrivare a Fiano.
La diffusione del Fiano non solo in Irpinia è documentata sin dal XIII secolo con l’Imperatore Federico II di Svevia, a salvare la coltivazione di questa vite dalle orde barbariche dopo la caduta dell’Impero Romano furono i padri Benedettini del Santuario di Montevergine . I quali impiantarono le coltivazioni delle viti nell’Abbazia di Loreto. Nella storia recente, risulta dal primo Bollettino Ampelografico del 1875, che la produzione diventò così importante da far costruire la prima ferrovia locale chiamata la “ Ferrovia del Vino”.
Il Fiano esprime la sua migliore territorialità quando è prodotto in quattro distinte zone che sono:
Lapio: Vini ricchi di struttura, con ottima acidità e mineralità.
Summonte: I terreni impervi e difficili da lavorare, favoriscono ai Fiani di questa zona grande potenza con note fruttate.
Montefredane: Territorio argilloso e cretoso che esalta le note minerali del Fiano prodotto su queste colline.
Fascia collinare ad Est di Avellino: Terreni sabbiosi che regalano note di nocciola tostata.
Vino longevo che si esprime al meglio dopo qualche anno dalla vendemmia.
Produttori di spicco sono Ciro Picariello e Guido Marsella di Summonte.
La Costiera Amalfitana
La configurazione della Costiera Amalfitana ha una sua indiscussa scenografia.
A picco sul Mare con i monti alle spalle, ricorda un antico merletto.
La strada e i terrazzamenti si avvitano in una serie di tornanti scavati nei fianchi della montagna. La poca terra, faticosamente portata quassù a spalla, riempie le zolle strappate alla roccia.
E’ questo, da secoli, l’insediamento dei vigneti che hanno conquistato la DOC, sotto la denominazione Costa d’Amalfi, con le tre sottozone di Furore, Ravello e Tramonti.
Larghi in media non più di cinque metri, i terrazzamenti presentano un profilo irregolare.
Ospitano in media quattro filari di viti disposti a pergola, grazie all’ordinata geometria fatta di pali di castagno.
Un tempo, la vite veniva impiantata sulla macèra (il muro verticale di contenimento realizzato senza malta sistemando le pietre l’una sull’altra), allo scopo di favorire il pieno utilizzo del terreno sottostante per le coltivazioni di stagione.
E qui va ricordato che il vignaiolo della Costiera è anche contadino e pescatore, perché in passato solo mettendo insieme il vino, i prodotti della terra e la pesca si riusciva a sbarcare il lunario. Il turismo ha sempre privilegiato la costa, per cui i paesi collinari, che pure arrivano al mare con strette lingue di terra, non ne hanno mai beneficiato.
Degli antichi vitigni, che hanno fatto la storia e la fortuna di questi vini, molti sono ancora produttivi (e per giunta su piede franco, perché la filossera non ha infestato la zona) e conservano nella denominazione l’impronta della loro origine e del loro destino: quello di uve domestiche, allevate a pergola in pochi metri quadri, per un uso quasi del tutto familiare.
Mi riferisco a vitigni come il Fenile, il Tronto di Furore, il Ripoli, il Pepella, la Ginestra fino al Tintore di Tramonti. Si tratta di uve strettamente legate al territorio, e in qualche caso esclusive.
Il Fiano si abbina con gli Antipasti, Le zuppe di verdure e di Legumi, piatti di Pesce, Carni Bianche e Formaggi di media Stagionatura.
Sardegna e le sue Uve
Il territorio Sardo è vocato alla produzione, tutta la superficie dell’isola la vite è presente, dalle pianure al mare, fino alle colline più interne.
La conformazione del terreno permette produzioni enologiche di elevata qualità.
La vinificazione Sarda vanta origini antichissime, tracce della Vitis Vinifera si hanno già in epoca Nuragica più di 3000 anni fa.
Con la caduta dell’Impero Romano e le invasioni barbariche, vengono abbandonate le colture, fino all’arrivo dei Bizantini e dei loro monaci che impiantarono nuovi vigneti attorno ai monasteri.
In epoca Mediovale viene aumentata e consolidata la produzione con la nascita dei quattro Giudicati che sono: Cagliari, Arborea, Torre e Gallura.
La produzione e la commercializzazione dei vini sardi continuerà ed aumenterà sotto la dominazione Spagnola .
Purtroppo anche le vigne Sarde vennero distrutte alla fine dell’Ottocento dalla Fillossera,
Successivamente vennero ricostruiti con innesto su viti americane.
I vini, sia bianchi che rossi sono di grande qualità, i piu impiantati sono il Vermentino ed il Cannonau.
Ma molte altre uve con il Carignano, il Cagnulari, il Monica, il Torbato, la Vernaccia sono uve che danno vini con forza e carattere ed esprimono al meglio le particolarità territoriali.
Il Cagnulari, autoctono della Sardegna viene coltivato con il tradizionale metodo dell’alberello sulle colline dal suolo calcareo-argilloso a sud di Sassari. Rientra nella Doc Alghero
E’ un vino morbido, avvolgente, fruttato, abbinamento a piatti della tradizione Sarda a base di Carne, ai Pecorini giovani ed alla Spianata farcita di salciccia e provola.
La Calabria ed i suoi Vini
Regione che vanta antichissime origini nella produzione di Vino, gli albori si fanno risalire al
primo millennio a.C. con le popolazioni Italiche, successivamente i Greci colonizzarono le coste Calabresi che chiamarono Enotria, fornendo così la prima testimonianza della presenza della vite su questo territorio.
Con le colonie Greche si formarono due tipi di viticoltura, una di origine Italica all’interno della regione e l’altra di origine Greca sulle coste, con centri di commercio a Crotone, Locri e Sibari.
Successivamente a seguito della conquista Romanica, la vite venne dismessa a favore di colture seminative e nuove produzioni che andarono a sostituire le vecchie viti Greche.
Fù alla fine del 1600 che la viticoltura raggiunse la massima espansione.
Purtroppo la Fillossera alla fine dell’800 distrusse tutti i vigneti.
Successivamente la ripresa della produzione vinicola in Calabria fu lenta e principalmente legata a vini da taglio per altre Regioni.
Solo negli ultimi anni, la produzione vitivinicola in questa Regione è cambiata, con realtà produttive di tutto rispetto.
Le principali Uve sono:
BACCA ROSSA: Gaglioppo, Magliocco Canino, Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e Greco Nero.
BACCA BIANCA: Greco Bianco, Trebbiano Toscano, Montonico e la Guernaccia.
In Calabria non ci sono Docg. Troviamo Doc e Igt.
Il vino più conosciuto è sicuramente il Cirò sia Rosso che Bianco Doc della provincia di Crotone.
Le uve del Cirò sono principalmente Gaglioppo per il Rosso ed il Greco Bianco per il Bianco.
Il Cirò si po’ trovare anche in versione Rosato, composto principalmente da Uve di Gaglioppo, è
consentito un 5% di Trebbiano Toscano o Greco Bianco.
Abbinamento Cibo -Vino:
Cirò Rosso: Agnello stufato, carni alla brace, selvaggina, formaggi stagionati
Cirò Bianco: Antipasti, Primi Piatti, Carni Bianche, Verdure trifolate o ripiene.
La Regione Marche ed i suoi vini
Il Rosso Conero
Vino tipico dell’anconetano e del territorio della Riviera del Conero.
Il nome lo prende dal Monte Conero, promontorio che sovrasta questo territorio.
Il Rosso Conero è Doc dal 1967 e Docg dal 2004 nella versione Riserva.
Brezza marina e terra prevalentemente calcarea sono l’habitat naturale di questi vitigni e contribuiscono a creare le uve che producono un vino dalla forte struttura e dal colore rosso rubino, che al palato risulta particolarmente fruttato.
Il Vino con questa denominazione per Disciplinare deve essere prodotto con un minimo di Montepulciano 85%, per il restante 15% si possono usare tutti gli altri vitigni non aromatici a bacca rossa della regione Marche (principalmente Sangiovese).
Il riferimento geografico della Doc è il promontorio del Monte Conero con le sue colline che vanno verso l’entroterra. I comuni interessati sono: Ancona, Camerano, Numana, Sirolo, Osimo, Offagna, Castelfidardo.
Il Vino si presenta al naso con una spiccata persistente aromaticità, al palato il fruttato è avvolgente e persistente.
Il suo Colore in età giovane è rubino intenso con sfumature violacee e passa a toni più maturi tendenti al granata con unghia aranciata con protrarsi dell’affinamento che può protrarsi anche oltre 10 anni.
La sua spiccata tannicità si avverte se consumato nel primo anno di vita, questi tannini diventeranno piacevolmente morbidi con il passare del tempo.
Strutturato e corposo, il Rosso Conero si fa notare per la sua iniziale vinosità che volge alla quasi alla confettura. Con il trascorrere degli anni diventa asciutto e complesso.
Qui di seguito alcuni nomi di Aziende che producono Rosso Conero:
Umani Ronchi
Casa Vinicola Garofoli
Strologo Silvano
L’Abruzzo ed i suoi Vini
Il territorio abruzzese è occupato principalmente da montagne, che, continuano con un’ampia zona collinare che arriva fino alla costa.
Queste colline sono caratterizzate da terreni ghiaiosi ed argillosi, con grande percentuale di arenaria, che assicurano condizioni asciutte e permeabili, ideali per la coltivazione delle viti.
I vigneti si concentrano prevalentemente nelle aree costiere ed in alcune zone interne,.
Grazie alla presenza dei due rilievi appenninici della Maiella e del Gran Sasso, riparano il terreno dall’umidità proveniente dal Mar Tirreno, creando un habitat ideale per la vite.
La produzione dei vini abruzzesi ha una storia molto antica, infatti fin dall’Impero Romano la vite veniva coltivata in ampie zone della regione, ma le prime coltivazioni di viti si devono ai Fenici ed ai Greci, che colonizzarono il territorio prima dei romani.
Il greco Polibio infatti, decantava già all’epoca le virtù terapeutiche del vino per curare le ferite di alcuni soldati e per rinvigorire la forza dei combattenti.
Il poeta Ovidio, abruzzese di nascita, celebrò in molte sue opere il vino di questa regione.
Durante il Rinascimento la viticoltura abruzzese venne praticata quasi esclusivamente nelle valli in provincia dell’Aquila, dove continuò fino alle imponenti infestazioni di Filossera che, nei primi decenni del Novecento, causò la distruzione della maggior parte delle vigne.
Dopo la Fillossera si produssero unicamente Trebbiano e Montepulciano.
Anche se inizialmente i vini di questa regione venivano considerati come prodotti di scarsa qualità, negli anni Novanta si è verificata un’inversione di tendenza con una viticoltura sempre più specializzata e tecnologica, che ha coinvolto anche nuove zone di produzione.
Montepulciano D’Abruzzo: Vino rosso DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita), viene prodotto in territori della provincia di Teramo utilizzando uve Montepulciano (90%), con un 10% di Sangiovese oppure con altri vitigni a bacca rossa meno diffusi in Abruzzo.
Vino di buona struttura tannica, con abbondanti antociani ed una spiccata freschezza.
Si tratta di una pianta mediamente resistente, che offre una produzione abbondante solitamente tardiva, con la vendemmia che comincia dopo la seconda metà di settembre e che si protrae fino alle prime due settimane di ottobre.
Trebbiano d’Abruzzo DOC
Da disciplinare deve essere prodotto con 85% di Uve di Trebbiano il restante 15% con altre uve a bacca bianca presenti sul territorio.
Si tratta di un vino ottenuto da vitigni a bacca bianca, coltivati nelle zone collinari di altitudine entro i cinquecento metri sopra il livello del mare.
Il Trebbiano d’Abruzzo nasce quindi da uva bianca, di solito fermentata in botti di acciaio, tranne nel caso delle riserve quando vengono preferite botti in rovere.
Presenta un colore giallo chiaro dorato o paglierino con riflessi verdastri e con un aroma molto raffinato, caratterizzato da note fruttate di albicocca e pesca , arricchito da sentori erbacei freschi.
Servito a bassa temperatura si beve con grande facilità per la sua delicata morbidezza.
Può essere utilizzato come aperitivo ma è anche un ottimo compagno per piatti di pesce o insaccati.
Particolarmente indicato per primi piatti di pastasciutta condita con verdure oppure con del pesce, e per carni bianche come pollame e suino.
Cerasuolo d’Abruzzo DOC
Vino Rosato prodotto con uve a bacca rossa vinificate in bianco e caratterizzato dall’omonimo color rosa ciliegia, con un tasso alcolico compreso tra 12% e 13%.
Vino elegante e fruttato con note floreali, sapore fresco di buona persistenza aromatica.
Adatto ad accompagnare primi piatti e zuppe oltre a tutti piatti a base di pesce.
I vini Autoctoni più Antichi
Negli ultimi anni, la tridizione vinicola abruzzese, ha riscoperto alcuni dei suoi vitigni autoctoni che con il passare dei secoli non erano più stati coltivati.
Il Pecorino: Riscoperto inizialmente nelle Marche, diffuso largamente anche in Abruzzo ha avuto un ottimo riscontro tra gli appassionati di enologia per il suo patrimonio organolettico inconfondibile, ha riscosso successo anche all’estero.
La Cococciola: Ancora poco diffusa, perfetta per la spumantizzazione accompagna egregiamente le pietanze di pesce.
La passerina: Anch’essa di recente riscoperta, sta’ riscontrando un buon successo di vendita, vino fresco e piacevole da abbinare a tutti i piatti di tradizione marinara.
La Valle d’Aosta
La presenza della vite in Valle d’Aosta risale all’età del bronzo come testimonia il ritrovamento di vinaccioli nell’area archeologica di Saint-Martin-de-Corléans ad Aosta. Reperti del I secolo d.C in locali verosimilmente adibiti alla torchiatura testimoniano la presenza del vino in epoca romana.
Oggi la vite è coltivata su terrazzamenti sostenuti da muretti a secco.
Guardando i vigneti che si arrampicano sulle montagne si comprende, perché in questa zona la vinificazione viene definita “eroica”.
L’attività vitivinicola della regione si sviluppa lungo il fondovalle che da Pont-Saint-Martin e Donnas arriva in meno di 90 chilometri fino ai 1.200 metri di Morgex alle pendici del Monte Bianco.
Scarse precipitazioni, ventilazione costante ed escursioni termiche significative tra il giorno e la notte comportano maturazione rapida delle uve e sviluppo degli aromi peculiari dei vari vitigni.
La valorizzazione della coltivazione della vite in Valle d’Aosta ha creato un’ampia gamma di vini di montagna, di ottima qualità, tuti denominati Valle D’Aosta Doc con
7 sottodenominazioni di area e 31 riferite a specifici vitigni e tipologie di vinificazione.
Tra i vitigni più caratteristici c’è il Prié Blanc coltivato nei Comuni di Morgez e la Salle a quota 1,200 metri. Con queste uve di producono anche spumanti sia in Metodo Classico che in Charmat.
Muscat del Chambave vine prodotto con uve Moscato vinificato secco, molto aromatico ma molto diverso dal Moscato Dolce di Canelli.
Torrette ed Enfer ottenuti da uve di Petit Rouge, uva autoctona, con particolari sentori di piccoli frutti di sottobosco.
Come altre uve autoctone troviamo il Fumin, il Mayolet, il Vuillermin, la Premetta ed il Neret. Questi in passato non vennere più coltivati e solo in questi ultimi anni c’è stato un recupero delle uve antiche.
Per quanto riguarda le uve internazionali si trovano maggiormente, Pinot Nero, Gamay e Sirah come rossi. Buoni risultati danno anche i bianchi come la Petite Arvine, il Muller Thurgau, il Pinot Gris e lo Chardonnay.
Come già accennato precedentemente, negli ultimi anni è aumentata la produzione di Spumanti Metodo Classico. Spicca nella produzione di quest’ultimi la Cuvée des Guides spumante che viene portato ai 2,173 metri della stazione intermedia dello Skyway Monte Bianco per la fase di Tirage fino al Dégorgement.
La viticoltura in Alto Adige, dai Reti ai Romani fino alla Corte Asburgica.
Vari ritrovamenti di vinaccioli rinvenuti nella zona di Bressanone testimoniano che la viticoltura si praticasse in Alto Adige almeno dal 500 avanti Cristo
Diversi ritrovamenti archeologici come boccali, mestoli o roncole da vite sono stati fatti risalire agli Etruschi.
Nell’anno 15 a.C. l’attuale Alto Adige divenne parte dell’Impero Romano, i Romani videro con loro stupore che i Reti, che era la popolazione locale, conservava il vino in botti di legno ,mentre loro usavano ancora Anfore e Otri di cuoio.
Nel XVIII secolo, molti Monasteri Bavaresi e Svevi acquistarono tenute vitivinicole Alto Atesine per coprire il loro fabbisogno di vino.
I Primi due vini locali che presero il nome dalla loro origine geografica furono: Potzner e Traminer ( Bolzano e Termeno).
E’ durante la Monarchia Austroungarica che la Viticoltura Altoatesina subisce un notevole incremento, vennero impiantati il Riesling ed i Vitigni della Borgogna.
La qualità della selezione delle vigne, la riduzione delle rese e l’adozione di tecniche all’avanguardia hanno prodotto un salto di qualità nel prodotto finale.
Oggi il 98% della superficie vitata altoatesina è tutelata dalla Doc, una quota superiore ad ogni altra regione Italiana.
Prime attività di ricerca e formazione a San Michele all’Adige
Nel 1872 fù fondato L’Istituto Agrario di Formazione e Sperimentazione sul modello di quello Viennese.
Oltre a formare i giovani Viticoltori, la scuola favorì l’introduzione di nuove varietà come il Sauvigno Blanc ed il Moscato Rosa. Attualmente i varietali presenti in Val d’Isarco sono Sylvaner, Traminer e Veltliner che sono state introdotte nel 1881 dall’allora direttore Mach.
Nel 1893 nacquero le prime cantine Sociali che dal quel momento iniziarono a vinificare le Uve conferite dai Viticoltori associati.
Prima che venisse introdotta la Doc, in Alto Adige esisteva già un Regio Decreto del 1931 che stabiliva una certa delimitazione geografica delle zone di Origine.
COSA BERE IN ALTO ADIGE
BIANCHI
Gewurztraminer
Goldtraminer
Kerner
Muller Thurgau
Pinot Bianco
Sylvaner
Veltliner
ROSSI
Cabernet Sauvignon
Cabernet Franc
Lagrein
Pinot Nero
Schiava Gentile